Palazzo De Dato, ex Palazzo Cavalletti, sorge a Molfetta, in Piazza Vittorio Emanuele II, intitolata al Re alla fine del secolo scorso, in seguito all'avvenuta Unità d'Italia, e dove tutt'ora fa mostra di sè il monumento dell'antico sovrano. Oggi la zona è centrale nell'insediamento molfettese, mentre alla fine del '700, epoca a cui risale il palazzo, cositutiva la zona di nuova espansione della città, tanto che nel 1790 venne sistemata la strada nuova che andava dal Pozzo dei Cani al Palazzo Cavalletti. L'edificio fu acquistato dal commerciante Stefano fu Corrado De Dato in due porzioni: una parte con asta pubblica in data 10 marzo 1868; una seconda parte acquistata con atto del notaio Giuseppe Gioia del 19 gennaio 1870. Stefano De Dato era il trisnonno delle attuali proprietarie del palazzo che donò al figlio Corrado in procinto di sposarsi con una nobile di Terlizzi. L'architettura lineare ed imponente richiama nei suoi fregi stilizzati, nelle architravi ornate dalle neoclassiche conchiglie e nelle sue ricercate simmetrie lo stile dei palazzi vanvitelliani con la facciata scandita da una tripla coppia di lisene poste simmetricamente rispetto al portale di ingresso. Questo è sovrastato dall'ampio balcone centrale a feluca (forma che ricorda il tipico cappello a due punte per alta uniforme degli ufficiali di marina, ministri e diplomatici, in voga nel '700) che ha la caratteristica di non poggiare sui consueti gattoni aggettanti (presenti comunque nei due balconi di estremità). Dal portone di ingresso si accede all'ampio androne che si apre sull'atrio rettangolare. L'intera superficie dell'atrio originario è interessata al livello inferiore da un'ampia cisterna per la raccolta delle acque piovane, profonda, dalla sommità del boccaglio, oltre 5 metri e costituita da tre ordini di tre campate con volte a crociera insistenti su quattro pilastri centrali e sulla roccia di imposta dei muri perimetrali. I locali aventi l'ingresso a destra dell'androne rappresentavano l'abitazione dello stalliere di Casa De Dato. L'ampio arco policentrico attraverso il quale l'androne immette nell'atrio è sovrastato, sul lato che si affaccia all'atrio stesso) da un mascherone in petra rappesentante la corrente simbologia apotropaica di esorcizzazione del malocchio. A questo masherone si fronteggia un altro di dimensioni un po' più contenute raffigurante apparentemente un soldato, che potrebbe essere lo stesso Don Salvatore Cavalletti sul cui copricapo è scolpita la data 1757 coincidente con l'anno dei lavori del corpo principale del palazzo. Questa figura sovrasta l'arco di accesso alla rimessa da cui si raggiunge il giardino posto sul retro dell'edificio. L'ampia e comoda scalinata, intervellata da frequenti pianerottoli, conduce al primo piano dove si aprono due ingressi. Da qui la rampa si restringe per condurre al secondo piano costituito dal terrazzo di copertura e da alcune soffitte coperte con tegumento in tegole marsigliesi su cariate lignee. Tali